venerdì 8 aprile 2011

Claudia Padoan

Scultrice, Performer

Claudia Padoan nasce a Roma nel 1983. Nel 2002 si iscrive al corso di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, nel 2003 prosegue i suoi studi in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel  2006 frequenta la Facultad de Bellas Artes, Universidad Politecnico de San Carlo, Valencia (Spagna), approfondendo un percorso performativo già iniziato nel 2005.
Tra le collettive:
 “Action in the box”, galleria Plano B, ADA European Festival in Action, Oporto, (Portogallo);
“Foro International Infancia y Violencia”, Centro Reina Sofìa, Valencia (Spagna);
“Artemisia 2007 - 2008 Opera Bosco”, Museo di Arte nella Natura, Calcata (VT), Work-shop;
“Arte nella Natura e la Natura nell’Arte”, Villa Torlonia, patio Casina delle Civette, (RM);
Festival “Arte en Predicado, encuentro de Performance”, San Cristobal de La Laguna, de Santa Cruz de Tenerife, (Spagna);
“ADA II European Festival in Action”, Valencia, (Spagna);
“MOLISECINEMA”, Casacalenda, (Molise), sezione video arte;
“20eventi Arte Contemporanea in Sabina”, (RM);
“Arte in 2nd floor”, Temple University, Rome Campus (RM);
 “Señales Rojas”, Casa Internazionale delle Donne, (RM).
Mostra personale:
“Tra scultura e performance”, Casa Internazionale delle Donne, Roma.
Nel 2009 si Diploma in Scultura all’Accademia di Belle Arte di Roma.
Attualmente vive e lavora a Roma.


Claudia Padoan, giovane artista performer romana,  da sempre si è interrogata su ciò che il corpo poteva comunicare. In linea con una ricerca artistica che vede nelle performance di Ana Mendieta  un  punto di riferimento fondamentale, il corpo di Claudia Padoan è una sorta di oggetto staccato dalla sua testa, che vive di emozioni e sofferenze totalmente autonome e rivela un linguaggio specifico, irriducibile ad altri. Fin dalle prime performance Gabbie e Scatole (2005), Mi lavo i sogni (2008), e Comprimida, (2008) l’artista ha sottolineato un’affermazione identitaria del corpo come censura dell’Io sociale: corpo  come luogo del femminile e del materno, spazio di decostruzione e soprattutto di rigenerazione. E’ un  qualcosa che si svuota o si riempie. Un percorso analogo l’artista l’ha compiuto nel lavoro scultoreo: le sue opere da Sogni in poi, realizzate con fil di ferro o rami di salice, appaiono come fragili forme embrionali in equilibrio precario, ondeggiano all’aria, nella natura, svuotate della corporeità. E’ interessante osservare la sequenza dei disegni preparatori delle opere attraverso i quali assistiamo al progressivo annullamento della tridimensionalità plastica per giungere a sottili fili che evocano e non costruiscono il corpo. L’assoluta predominanza della materia della performance si trasforma nelle sculture in leggerezza e trasparenza delle forme.
La Performance è lo strumento attraverso la quale l’artista si sottrae alla manipolazione della virtualità dell’immagine e alla seduzione/protervia dell’oggetto. Il corpo restituisce una sorta di sacralità dell’ Hic/Nunc.

Tiziana Musi

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